lunedì 25 luglio 2011

Higienização

Salve gente,

torno ora da un incontro tra personale della "Defensoria pública" e il movimento dei "Moradores de Rua" (i/le barboni/e che si stanno costituendo in associazione!). La sede è un salone con annessi all'estremo margine del complesso della chiesa più importante di Salvador: São Francisco, nel Pelourinho, che i francescani hanno ceduto (il salone, naturalmente).


L'anima del movimento è Lúcia, ex barbona, ex alcoolista e non so che altro. La sua storia passa per l'esperienza della chiesa della Trindade, della quale ho già accennato in questo post dell'anno scorso.


Edvânia (sempre lei) ieri era in parrocchia a tenere un ritiro e, visto che ho rotto le scatole tutto il tempo scattando foto, mi ha chiesto se potevo partecipare all'incontro per documentarlo con le immagini.


Per farla breve succede che tra i preparativi alla Coppa del mondo del 2014 prevista in Brasile c'è anche l'"igienizzazione" degli spazi cittadini. E non si tratta, come uno si potrebbe immaginare, di togliere i monti di spazzatura sparsi in varie zone della città, bensì di ripulire le strade dei quartieri a vocazione turistica delle presenze indesiderabili, primi fra tutti i Moradores de Rua.

C'è quindi un ordine di scuderia tra vigilantes privati, "giustizieri" e polizia di vessare in qualsiasi modo queste persone: pestaggi, deportazioni forzate a centinaia o migliaia di chilometri e ogni tanto - così, per mettere ben in chiaro le cose - qualche strage. E sono solo alcuni esempi.


C'è molta paura, ma anche voglia di reagire a questa situazione: molte persone si sono esposte personalmente per denunciare episodi, e non è una scelta facile in una situazione di estrema vulnerabilità come la loro: il rischio di rappresaglie è concreto e probabile.


Da parte mia sono molto preoccupato: gli interessi che muovono l'"igienizzazione" sono molto grandi e temo che le autorità ne siano in qualche modo succubi. Tra la gente i barboni non godono di buona fama e quindi le uniche realtà dalle quali è possibile aspettarsi un appoggio sono le associazioni, i movimenti sociali e qualche chiesa. Domani dovrebbe esserci l'incontro tra i responsabili del movimento e il nuovo vescovo di qui: sapremo presto se tra queste ci sarà anche la mia.

Bene, mi scuso se ho mandato il boccone di traverso a qualcuno, ma avevo bisogno di raccontarlo.

A presto. Beijo.

Fate i bravi. Luca

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giovedì 14 luglio 2011

Pellegrinaggio dietro l'alluvione (e viaggio in Italia)

Salve gente.

Ho trovato un gruppo di gente più strampalata di me, e ce ne vuole. Naturalmente mi ci sono trovato parecchio bene.

Prendiamola larga. La mia amica Edvânia (quella della Comunità Marta e Maria che accoglie principalmente donne che vivono in strada) mi aveva parlato alcune volte delle "peregrinazioni" che faceva in inverno (di qui) con un gruppo di altri pellegrini, attirando la mia attenzione. Finché un giorno le ho chiesto se era possibile partecipare. Lei ne ha parlato al gruppo e sono stato accolto nel serraglio.

Quando il 1º sono partito sapevo più o meno che sarei andato con Edvânia, che sarebbe durato una settimana (più i viaggi), che avremmo visitato i paesi e le città maggiormente colpite dalle inondazioni dello scorso anno (ma anche di pochi mesi fa), che ci saremmo spostati a piedi (escluse le 15-18 ore di autobus per arrivare e ripartire) e che durante tutto il pellegrinaggio avremmo vissuto rigorosamente con ciò che la gente ci avrebbe offerto sia per quanto riguarda il cibo che il riparo.

Mi sono riattrezzato (zaino e scarpe da trekking erano rimaste in Italia) e siamo partiti. Al punto di raduno ho scoperto che oltre ad essere l'unico straniero ero anche quasi l'unico con uno zaino vero, ero quello con lo zaino più pesante e soprattutto l'unico con le scarpe ai piedi. Gli altri o sandali o infradito (non scherzo e i tratti hanno raggiunto i 25-28 km!). Ma non me l'hanno fatto pesare.


A parte un autobus che per un palmo non ha travolto me e Silvia, una signora con la quale conversavo comminando, è stato tutto molto positivo, pur con gli inevitabili disagi (tipo un unico bagno senza sciacquone per tutto il gruppo in una delle soste).

Parte integrante dell'equipaggiamento del gruppo erano due pandeiros (cembali) col quale nelle soste venivano accompagnati canti e balli popolari. Devo dire che non passavamo inosservati. Ecco uno di quei momenti sul ciglio della strada e un gringo che pateticamente cerca di inseguire al pandeiro i ritmi della ben più esperta e capace Cristina. Neanche questa mi hanno fatto pesare: erano davvero accoglienti.


Conoscevo già il valore del camminare, ma la novità è stata unire quest'esperienza all'affidarsi completamente all'accoglienza che avremmo ricevuto e all'attenzione e alla vicinanza a popolazioni provate e che spesso di sentivano dimenticate.

Il gruppo è anche ecumenico: c'erano alcuni Battisti, tra i quali due pastori (marito e moglie). In una comunità il gruppo mi ha chiesto un commento al Vangelo dell'invio dei 72 discepoli. Dopo la mia meditazione mi hanno fatto i complimenti e mi hanno detto che avevo la stoffa del pastore battista. Non so se devo rallegrarmi o preoccuparmi. Nel dubbio opto per la prima.

Qualche altra foto: lo scuolabus di Maraial, così tanto per farsi un'idea di come vanno a scuola i ragazzini di là.



L'incontro con una comunità.



La più poetica è "L'aurora dei pellegrini", scattata a fine pellegrinaggio quando stavamo andando a prendere gli autobus per il ritorno.



Concludo con un paio di notizie: la prima è che mi sono deciso a farmi un account in Facebook, la seconda invece è che dal 5 agosto al 14 settembre sarò sul patrio suolo per "matar a saudade" (lett. "ammazzare la nostalgia"). Spero che l'estate non impedisca gli incontri con le persone care. A presto. Beijo.

Fate i bravi. Luca

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